Il Pianto delle Zitelle
Il pianto delle zitelle è una laude sacra composta all’inizio del 1700, rappresentata e cantata dalle “Zitelle” sul piazzale del Santuario la mattina della festa SS. Trinità. Tutte sono vestite di bianco, solo la Madonna veste di nero. Attraverso i simboli e i personaggi che hanno accompagnato le ultime ore della vita di Gesù e la sua morte, il Pianto invita i pellegrini alla conversione facendo rivivere intensamente la Passione di Cristo. La rappresentazione si conclude con un inno alla Santissima Trinità.
Il Pianto, che all’origine portava il titolo di “Misteri della Passione di N.S. Gesù Cristo“, è un’opera di D. Francesco Tozzi, abate del Santuario dal 1685 al 1725. Nel 1835, D. Luigi Tozzi rielaborò il testo e diede all’opera la drammatica forma della Lauda. Infine, D. Salvatore Mercuri senior, morto nel 1925, ne fissò i testi, le sequenze e la struttura attuale rendendo definitiva un’opera che fin lì aveva subito non poche trasformazioni. Il Pianto è introdotto dal canto Veni Creator. Al versetto latino intonato da un sacerdote rispondono le “Zitelle” con versi in italiano. L’Inno si conclude con un oremus che invoca l’assistenza dello Spirito Santo. Con il canto del Prologo inizia il dialogo tra i fedeli e le Zitelle che invitano alla conversione con versetti del Miserere e con l’evocazione della Passione. Sono così presentati: il calice, le funi, la mano (sacrilega), la colonna, le spine…Giuda, Pilato, i chiodi, il fiele, la lancia, il Crocifisso, la Croce, la Maddalena, la Madonna, la Marta. Il “Pianto delle zitelle” appartiene al genere letterario della Lauda Sacra che risale al sec. XIII. Esso rievoca, con le sue memorie e i suoi versi, con i monologhi e il coro, il “Pianto della Madonna” di Iacopone da Todi anche se tra le due composizioni intercorrono quasi cinque secoli. La metrica delle due Laudi, settenari ed endecasillabi, pur nella diversità della struttura ritmica del verso e della composizione delle strofe, evidenzia i sentimenti di dolore e di pentimento comuni alle due liriche. La forma dialogica della Lauda evolve nel corso dei secoli acquistando prima il carattere e la dimensione di “Lauda drammatica” e poi di “Sacra Rappresentazione“.
Il Pianto delle Zitelle è un esempio di questo cammino letterario. La melodia del Pianto delle Zitelle è stata tramandata oralmente per molti secoli. Essa ha subito le variazioni tipiche di una musica fondata unicamente sulla trasmissione orale. Il primo documento è un sono del 1939. Non è difficile cogliere nella melodia accenti i toni del canto gregoriano. Il salto di quinta con il quale inizia ogni “mistero” avvicina il Pianto al lamento funebre che ancora oggi è praticato in alcune zone del Meridione. Anticamente il Pianto si svolgeva sulla loggia del santuario. Le Zitelle arrivavano in processione dalla cappella di San Filippo, dove avveniva la vestizione. Erano precedute dalla stendardo di Vallepietra e da bambine che portavano fiori. Seguiva la statua del Cristo morto deposto su una barella portata da quattro Zitelle. Chiudevano il piccolo corteo le “Tre Marie”: la Madonna, la Maddalena e la Marta, con il sacerdote. Arrivato all’interno della cappella il coro si disponeva sulla loggia del Santuario e man mano le Zitelle uscivano dalla porta-finestra per cantare il loro mistero, mostrandone il simbolo. I gesti erano semplici e contenuti; si privilegiava il canto e la scena era scarna ed essenziale.
Oggi il Pianto privilegia l’aspetto scenico e l’azione drammatica. Ha subito, infatti, notevoli trasformazioni, e dalla loggia del Santuario, attraverso varie fasi, si è arrivati al grande palco costruito appositamente su un lato del piazzale. Il pianto arriva al suo momento culminante con il Crocifisso e la croce. Il personaggio che interpreta questi misteri invita l’intero creato a guardare il cristo che con la sua morte in croce ha redento il mondo. È in croce colui che ha creato l’universo e dalla croce attirerà tutti a sé. Sono versi di una struggente bellezza, anche se caratterizzati da una semplicità che vogliono portare l’ascoltatore alla commozione. È questo l’obiettivo di tutto il Pianto che forse non fu composto per essere rappresentato al Santuario, ma che bene si adatta all’ambito della festa della Trinità ed al carattere penitenziale del pellegrinaggio. Nella tradizione popolare le “Tre Marie” sono: maria, la madre di Gesù, la Marta e la Maddalena. Esse sono tutte presenti in ruoli essenziali nel Pianto. Se quello della Maddalena è un dialogo intenso, drammatico quello della madonna raggiunge i vertici più alti della poesia. Il dolore della vergine è espresso con accenti elevati, di rara bellezza. “Non mi dite Maria di grazia piena, chiamatemi Maria mar di dolore…“.
L’immagine del dolore, grande come il mare rende comprensibile a tutti, soprattutto alle folle semplici, il dramma di una madre che ha perso il figlio. La Marta, invece, invita i peccatori alla conversione: “Lasciate ed aborrite li peccati…che tutti vi saranno perdonati“. Il pianto è un messaggio di fede ed un invito alla speranza anche e soprattutto per gli uomini di oggi, tentati dalla superficialità, dall’edonismo e impoveriti dalla perdita dei grandi valori scaturiti dalla Croce di Cristo: la fede, la speranza e la carità… Il Pianto rievoca, e attualizza in un certo senso, il dramma della Croce che, sola, dà senso alla vita e permette all’umanità di non ricadere nella barbarie, ma di progredire verso un avvenire di giustizia e di pace. L’azione aumenta il potere suggestivo del Pianto: musiche accuratamente scelte, accompagnano la scena, studiate in modo da dare alla rappresentazione un ritmo ed uno svolgimento serrato. Gli stessi costumi sono cambiati; solo le Zitelle hanno conservato il tradizionale abito bianco. Hanno fatto la loro apparizione personaggi maschili. Il Cristo, Giuda, Pilato, i soldati…sono interpretati da ragazzi di Vallepietra. I Misteri del Pianto sono 14. Essi rappresentano oggetti e personaggi che hanno avuto un ruolo importante nella Passione: grazie ad essi partecipiamo al dramma del Golgota. Il calice, il primo oggettosimbolo che mostrano le Zitelle, vuole significare la sofferenza di Gesù e la sua perfetta adesione alla volontà di Dio Padre. Le funi, la colonna evocano la flagellazione e l’umiliazione che dovette subire.
La corona di spine rappresenta un terribile strumento di supplizio e, nello stesso tempo, la regalità di Cristo.